martedì 19 luglio 2016

Quel pane cunzato della signora Tindara aspettando Springsteen

Bruce Springsteen è sempre stata una mia passione. Scoperto quando avevo 12 anni e mai più mollato. Vinili consumati. 11 concerti visti. L'ultimo a San Siro con due colleghe con cui faccio claun terapia da anni. Ci siamo soprannominate le tre vecchie (non lo siamo ovvio, ma tra i claun siamo quelle con più anni di esperienza alle spalle). C'eravamo anche noi a San Siro il 5 luglio. Nell'attesa poteva mancare del cibo a farci compagnia?Sia mai! Ed eccolo,  il pane cunzato della signora Tindara, madre di Clara, messinese doc. Esistono varie versione di pane cunzatu. Questo era semplice, pane, pomodoro, olio. Ma mangiato a San Siro aveva tutt'altro sapore. Quello dell'attesa per lui, the Boss. 
Qui sotto la cronaca del concerto. 

Per la ricetta: pane casareccio (pane pugliese va bene), pomodorini, olio, sale e origano. 
Qui non c'è una ricetta, lo ammetto. Qui c'è un pezzo di vita. 

Primo concerto del Boss con le tre vecchie. Per chi non lo sapesse le tre vecchie è il nomignolo che si sono date tre claune, un po’  avanti con l’età ma con lo spirito da sedicenni. Ieri eravamo anche noi li, a San Siro per la seconda data del Boss in Italia.
Io sono quella con più concerti alle spalle forse: 11. Il primo fu Torino nel 1988. A seguire la Bindella. Per la Tronki era il battesimo. Le aspettative erano molto alte. Abbiamo iniziato con la giusta energia, nel senso proprio delle calorie: pane cunzato della mamma della Tronki. Avvolto nella stagnola, come solo le mamme sanno fare. Che bontà. Un pezzo di Sicilia  in mezzo a 60 mila persone. E poi si inizia con la musica di Morricone che annuncia l’arrivo di “Lui”. Chi non conosce il Boss e non lo ha mai visto in concerto non può capire. La sua musica ti rapisce,ti stordisce, ti eccita, ti calma, ti avvolge e allo stesso tempo ti libera. Pezzi che hanno segnato intere generazioni. Molte delle canzoni suonate ieri sono state scritte quando andavo alle elementari. Eppure mai così attuali. Perché di perdenti e vincitori ce ne sono stati, ce ne sono e ce ne saranno sempre. Su "Racing in the street" mi è scappata la lacrima e pure su The river. Il sogno è una bugia se non si realizza o è qualcosa di peggiore? E penso a quante persone là in mezzo hanno avuto sogni che non si sono realizzati ma, in fondo al cuore, coltivano comunque la speranza. La musica vola alta, ad un certo punto mi sembra  di essere sola. Non a Milano, non a San Siro, non con le mie amiche. Io e lui. Che mi parla. Credo sia una sensazione provata da tanti. L’apoteosi su "Born to run", lo stadio esplode. E poi "Bobby Jean", canzone sugli amici che se ne vanno e che all’improvviso perdi per strada. La canzone che dice proprio quello che avresti voluto dire e non hai detto.  Adesso non c’è nessuna persona che mi capirà mai come facevi tu…ti sto giusto chiamando un’ultima volta, non per farti cambiare idea ma solo per dirti che mi manchi amico. Come un direttore d’orchestra dirige migliaia di voci su "Hungry heart", cuore affamato. Tutti quanti cerchiamo un posto dove restare, tutti quanti vogliamo avere una casa, non fa differenza ciò che gli altri dicono e non c’è nessuno che ami stare solo. Tutti quanti abbiamo un cuore affamato. Noi siamo affamati di musica, di vita, di amore. E non smetteremo mai di saziarci. Soprattutto qui. Si balla senza sosta, la mia schiena inizia ad accusare e guardo con invidia quel quasi settantenne sul palco che salta da una parte all’altra senza sosta. Esattamente come a Torino 30 anni fa. Il tempo sembra fermarsi. All’improvviso mi rivedo appena quattordicenne che dalla Puglia fa un viaggio infinito con il padre per vederlo. E le emozioni sono sempre le stesse, ma vissute con un’ intensità diversa dettata dalla vita.  Grazie Bruce, per aver scattato l’ennesima fotografia del cuore. Alla prossima.   




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